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Ultimi Film visti al Cinema - Consigli e opinioni
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pag. 1  2  3  4 ELENCO COMPLETO
 
Angry Birds - Il Film
(di L’Irriverente)
 

Red, l'uccello rosso rabbia dalle folte ciglia, sembra essere la nota stonata all'interno del suo villaggio di uccellini sempre felici e contenti, convinti che il loro sia l'unico mondo esistente. Red è emarginato dal gruppo e nessuno lo ascolta perchè è sempre scorbutico e controcorrente. Un giorno, però, la pace viene interrotta dall'invasione di malvagi maiali verdi e Red difenderà il villaggio avendo, così, l'occasione di riscattarsi agli occhi di tutti.

Impossibile, oggi, non conoscere il popolo degli uccelli che ha invaso gli smartphone di tutto il mondo e ogni apparecchio mobile e non con il suo folle videogame. Sembrava praticamente impossibile, ma dopo una prima conversione in cartone animato, i personaggi di Angry Birds riescono a mettere in scena una storia per il loro debutto al cinema. E ci riescono benissimo, sempre con la loro personale ironia.
Per i più piccoli e non!

 
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Captain America - Civil War
(di L’Irriverente)
 

Nonostante i gloriosi successi del passato, la Marvel non si smentisce e sforna un film che, sebbene ricco d'azione, per la prima volta fa fermare i supereroi a riflettere sulle loro azioni.

E' giusto sacrificare, per sconsideratezza, molte vittime per salvarne molte altre ?
O bisognerebbe difendere la giustizia con le dovute accortezze per salvare sempre il massimo numero di civili ?
Gli Avenger non la pensano tutti allo stesso modo e per questo nasce al loro interno una guerra civile che al film regalerà altre emozioni oltre a quelle che i nostri eroi offriranno contro il malvagio di turno.

E la battaglia c'è stata anche tra Major cinematografiche! La Marvel è riuscita a trovare un ottimo compromesso e finalmente, dopo anni, riesce a recuperare dalla Sony uno dei suoi personaggi più importanti, se non il più importante... Spider-Man ! Che farà la sua apparizione al fianco di Iron Man e la sua presenza preluderà ad un vero reboot in casa, dopo gli insuccessi tra i fan dei due "Amazing Spiderman". Il soggetto è quello che ci si può aspettare da un film di supereroi. Lasciatevi, quindi, trasportare dalle immagini, gli effetti speciali e non pensate più a niente.

 
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Captain America - Civil War
(di Technino)
 

Dopo tanti film bellissimi (ad eccezione dell'ultimo Age of Ultron, che aveva gia' iniziato la parabola discendente...) la Marvel tocca il fondo con questo Captain America - Civil War.

Un film che, per piu' di tre quarti della sua durata, consiste solo di battaglie interminabili fra supereroi, "giustificate" dal fatto che una parte di loro vuole obbedire ad uno stupido patto con l'ONU che pretende di dare il suo consenso preventivo ad ogni azione di difesa, mentre l'altra parte vorrebbe intervenire "senza chiedere il permesso" ogni volta che c'e' una minaccia per l'umanita' (i dialoghi del film vertono quasi esclusivamente su questo...).

Alla fine non se ne puo' piu' di battaglie fratricide e, tra l'altro, la scelta dei registi Anthony e Joe Russo di utilizzare quasi sempre le riprese ravvicinate non premia lo spettacolo sul grande schermo.

Un film non puo' prescindere dal soggetto, e questo della Marvel proprio non ce l'ha: dialoghi ripetitivi e spesso vuoti di significato comune, personaggi che si comportano in maniera assurda (Iron Man si comporta piu' da "avvocato delle cause perse" che da supereroe), battaglie fuori luogo (ridicolo mettere gli Avengers l'uno contro l'altro, stesso errore fatto dalla DC Comics con l'ultimo Batman vs. Superman), non c'e' una situazione che sia divertente ed interessante come nei film precedenti, alla fine si ha la sensazione di aver visto solo un videogioco.

Vi domanderete allora: come mai la critica ha dato al film 4 stelle? La risposta sta nella "potenza" della Disney....

 
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The Dressmaker - Il Diavolo è tornato
(di Technino)
 

"I'm back, bastards!"....Sono poche le attrici in grado di far intuire la portata della performance che stanno per compiere fin dalla prima battuta pronunciata. Una di queste è proprio Kate Winslet, protagonista di The Dressmaker – Il diavolo è tornato, per la regia di Jocelyn Moorhouse, uno dei titoli più attesi per il 2016, già record di incassi in Australia e titolare di 13 nominations agli AACTA Awards.

Un film drammatico con qualche spunto di commedia, ambientato nel 1951 in un paesino sperduto nell’outland australiano, in cui la tragicità degli eventi narrati viene sapientemente dissacrata grazie ad una sceneggiatura brillante, interpretata da un cast di grande talento, con protagonisti tutti perfettamente calati nei loro ruoli di personaggi miserabili, pedine e insieme parti attive di una vita di paese bigotta ed opprimente.

Tratto dall’omonimo romanzo di Rosalie Ham, The Dressmaker- Il diavolo è tornato, narra le vicende di Tilly Dunnage (Kate Winslet), un’affascinante e talentuosa sarta e creatrice di moda che, dopo anni di lavoro nei più prestigiosi atelier di moda europei, decide di tornare in Australia nel suo paese natale, Dungatar, per assistere la madre Molly (una straordinaria Judie Davis), una donna che sembra non ricordare piu' la figlia, ma soprattutto per affrontare e chiudere i conti con quel passato che l’ha vista costretta a lasciare il paese dove viveva da bambina...

Durante il suo difficile percorso, la donna trova il sostegno e l’amore del bel Teddy (Liam Hemsworth) e del sergente Farrat (Hugo Weaving), che ai tempi della presunta colpa di Tilly barattò la sua reputazione con il destino della ragazza, la cui ingiusta maledizione continua ad avere una serie di effetti che solo la giustizia della verità  può interrompere.

The Dressmaker è un’intelligente metafora di quanto le malelingue possano condizionare la vita delle persone: in una realtà in cui le apparenze sono tutto, a Tilly non resta che combattere i suoi nemici sfruttando le loro stesse debolezze, irretendo i responsabili della sua rovina col fascino irresistibile dell’apparire belli ed in forma smagliante grazie ad un abito capace di farli sentire non più se stessi ma chi desiderano essere.

Tilly, invece, non vuole altro che riappropriarsi della propria identità e del proprio rapporto con una madre che ha fatto dell’oblio un’arma per non cedere alla disperazione, vittima anche lei di una piccola e torbida società di falsi perbenisti, costretti dalla scaltrezza di Tilly a liberare l’armadio dagli scheletri per fare posto ai loro nuovi sfavillanti abiti…

Kate Winslet dimostra ancora una volta la sua impeccabile padronanza della scena, costruendo un personaggio carismatico e torbidamente affascinante, una donna maledetta dalla pochezza dei suoi concittadini, che sconta la pena per una colpa non commessa.
La regia, elegante e di grande impatto scenico, di Jocelyn Moorhouse, autrice anche della sceneggiatura, completa un film ottimamente riuscito, che non manchera' di emozionare lo spettatore.

 
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Ave Cesare!
(di Technino)
 

Ave, Cesare! e' un film divertentissimo e geniale di Joel ed Ethan Coen, un tributo a quel meraviglioso mondo che è il cinema, in cui non manca l’ironia e ovviamente una certa dose di cinismo tipica della filmografia dei geniali fratelli registi. 

Il film e' un giro sulle montagne russe hollywoodiane passando dai Kolossal, ai musical anni ’50, accompagnati dal personaggio di Eddie Mannix, magistralmente interpretato da Josh Brolin

Nei Capitol Studios Eddie Mannix cerca di risolvere gli innumerevoli problemi che si presentano durante le tante produzioni cinematografiche. Il più importante fra i film prodotti e' Ave, Cesare! che parla della crocifissione del Cristo vista dagli occhi di un tribuno romano. L’attore principale del film, Baird Withlock (George Clooney), viene però rapito da un gruppo di comunisti che cercheranno di fare alla star il lavaggio del cervello. In più Mannix deve risolvere il problema della capricciosa stella Anna Moran (Scarlett Johanson) e convincere il geniale regista Laurence Lorenz (Ralph Fiennes) ad accettare nel suo melodramma l’attore di western Hobie Doyle (Alden Ehrenreich).  

Nel film i fratelli Coen dichiarano il loro amore per la settima arte, senza dimenticare di ironizzare sul patinato mondo hollywoodiano fatto di attori stupidi, attrici capricciose, registi impazienti e pressioni dalle alte sfere. In questa bolgia si muove agilmente Mannix che, come un angelo custode, cerca di risolvere le tante grane che potrebbero ritardare le costose produzioni.

Ma sono proprio le situazioni esasperate e ridicolizzate i momenti topici del film, quelli che ci fanno ridere di più. Nonostante la critica e l’acida ironia i Coen – attraverso il personaggio interpretato da Brolin – esaltano la loro passione per il cinema, unica via, unica religione della loro vita. Dopotutto lo stesso Mannix potrebbe avere diverse alternative di lavoro, anche piu' sicure e remunerative, ma la sua consacrazione alla cinematografia è totale e – come per i registi – l’unico modo di vivere e vedere il mondo. 

Un cast stellare che vede, oltre a Josh Brolin, George Clooney nel ruolo dello "stupido" Baird Withlock, un personaggio perennemente confuso e soggiogabile; Scarlett Johansson (alias Esther Williams) diva amata ma in stato interessante senza marito, a cui urge quindi trovare una soluzione; Alden Ehrenreich è Hobie Doyle, un divo western che viene forzatamente inserito nella produzione di un melò del pignolo regista Laurence Lorenz interpretato da Ralph Fiennes (la scena in cui il regista prova ad insegnare una battuta ad Hobie e' una delle piu' divertenti del film..), Channing Tatum (alias Gene Kelly) e' bravissimo in una delle scene di ballo piu' spettacolari che abbiamo visto, Tilda Swinton (che interpreta anche la sua gemella) e' una giornalista specializzata nei pettegolezzi del mondo del cinema. 

Insomma Ave, Cesare! è un circo, una carrellata di caricature della Hollywood che fu dove ognuno trova il suo posto in un mosaico ad incastro perfetto, i Coen dirigono brillantemente tutti gli attori dando ad ognuno  la giusta “forma” per inserirsi nel disegno d’insieme. Straordinari Clooney e Ehrenreich negli stereotipati ruoli dell’attore senza cervello e dell’artista intrappolato nel suo ruolo, ma vero e proprio mattatore rimane proprio Josh Brolin, trait d’union delle diverse storie/generi cinematografici che la pellicola affronta, non solo sui set dei Capitol Studios ma anche nelle sequenze dei Coen dove si va dal noir alla commedia passando per il dramma e la spy-story il tutto mescolato insieme ma senza essere confuso perché ogni personaggio, ogni scena, ogni battuta è funzionale a questo piccolo capolavoro.

Da non perdere assolutamente!

 
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Kung Fu Panda 3
(di L’Irriverente)
 

Kai, il malvagio signore della guerra, fugge dal luogo in cui era stato esiliato e medita vendetta. Solo il guerriero dragone può fermarlo ovvero il mitico panda Po! Per farlo, però, dovrà far accrescere il suo "chi", la conoscenza di sé. Quando il padre naturale gli svelerà l'esistenza di un villaggio segreto abitato da panda, inizierà il suo cammino per trovare la forza e il coraggio di affrontare, con i suoi Cinque cicloni, il pericoloso Kai.

"Kung Fu Panda 3" affronta temi profondamente filosofici e religiosi, ma come siamo abituati da anni ormai, il simpatico Panda e i suoi amici riescono a farci entusiasmare e ridere con le loro gag e l'azione degna dei più bei film di avventura!

 
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Lo chiamavano Jeeg Robot
(di Technino)
 

Gabriele Mainetti, regista esordiente, si cimenta con un soggetto di un genere poco trattato nel cinema italiano, ovvero quello dei supereroi. Lo chiamavano Jeeg Robot, realizzato dopo una lunga attesa dovuta alla difficolta' di trovare produttori che credessero nel film, e' stato presentato alla Festa del Cinema di Roma nel 2015, fra lo scetticismo di critica e pubblico. Il film ha invece riscosso applausi a scena aperta, rivelandosi il vincitore morale della rassegna e portando un’inaspettata boccata d’aria fresca al cinema italiano.  

Un ottimo Claudio Santamaria, ingrassato di quasi venti chili appositamente per la parte, dà il volto a Enzo Ceccotti, un ladruncolo romano che conduce una vita dissoluta e senza scopo fatta di piccoli furti, maratone di film porno e una quantità industriale di yogurt. A seguito di una precipitosa fuga, il protagonista si immerge in una zona del Tevere contaminata da una sostanza radioattiva, acquistando un’impressionante forza fisica, che Enzo decide di impiegare non per fini di pubblica utilità, ma per azioni volte a migliorare la sua attività criminale, come sradicare interi bancomat dal muro.  

Più che un eroe, un antieroe dunque, che ha comunque bisogno della sua nemesi, ovvero Lo Zingaro (interpretato da un fantastico Luca Marinelli), spietato boss malavitoso con il gusto per la violenza e per la teatralità, che mette gli occhi sui particolari poteri di Enzo. Ad accompagnare il protagonista nella sua avventura è invece Alessia (Ilenia Pastorelli), ragazza dai disturbi psichici convinta che Enzo sia in realtà Hiroshi Shiba, il suo eroe protagonista del cartoon Jeeg Robot D’acciaio, che lei vede in continuazione. 

L’opera prima di Gabriele Mainetti stupisce per brio, intensità e per la perfetta miscela fra violenza e ironia con la quale vengono scardinati tutti gli stereotipi dei supereroi hollywoodiani. L’eroe di Lo chiamavano Jeeg Robot non nutre alcun interesse verso il prossimo o per il bene comune, non riconosce alcuna investitura nei poteri che miracolosamente acquista, se non quella di poter delinquere più facilmente.  

L’ambientazione ideale per un eroe così scontroso, taciturno ed asociale diventa così la Roma degradata e abbandonata di Tor Bella Monaca, all’interno della quale si muovono personaggi loschi e ai margini della società, che come tante bestie affamate agiscono per il proprio tornaconto personale e per far soldi in qualunque modo possibile.

Il regista riesce però a evitare di prendersi troppo sul serio, spezzando continuamente il racconto con una comicità rozza e coatta, simbolo della romanità più vitale e divertente. Il risultato è un film che riesce a intrattenere e mantenere sempre alta la tensione, con una sceneggiatura originale, piena d'azione e di sentimento, piccolo capolavoro del duo Guaglianone-Menotti. 

Completa il quadro un cast affiatato e sempre all’altezza della situazione, all’interno del quale merita una citazione a parte lo straordinario Luca Marinelli, il suo Zingaro e' sanguinario, folle, vittima di diversi tic nervosi e con una passione particolare per la platealità delle proprie azioni, che vengono accompagnate da brani di musica pop italiana, movimenti sinuosi del corpo e indescrivibili espressioni facciali. 

Nota per i genitori con figli piccoli: Lo chiamavano Jeeg Robot non e' adatto ai bambini, non e' un film comico, ne' un film con il classico supereroe dei fumetti, in alcuni punti e' molto drammatico e crudo.

 
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The hateful eight
(di Technino)
 

L'ottavo film di Tarantino e' una delusione: lento, con dialoghi spesso prolungati su argomenti fuori della sceneggiatura, un'ambientazione che non giustifica la scelta del 70 mm (si svolge quasi tutto al chiuso, dentro una locanda di frontiera) e, soprattutto, non emoziona.  

La storia e' semplice: un cacciatore di taglie ("Il Boia", interpretato da Kurt Russell) sta portando all'impiccagione una donna su cui pende una taglia da 10.000 $ (Jennifer Jason Leigh). Lungo la strada da' un passaggio ad un altro cacciatore di taglie (Samuel Lee Jackson), che ha preferito portare le sue taglie morte anziche' vive. Il gruppo si ferma per rifocillarsi in una locanda in cui trova quattro strani viandanti....quello che succede ve lo potete immaginare trattandosi del piu' sanguinario dei film di Tarantino: il sangue scorrera' a fiumi, tanto da risultare alla fine un po' ridicolo. 

Il peggior difetto del film e' che non emoziona: per i personaggi che sembrano usciti da un fumetto (quanto e' lontano il mitico Ombre Rosse, con lo studio accurato dei suoi protagonisti), per la lungaggine dei dialoghi, conditi di un gergo western da fumetto e spesso non centrati su cio' che sta accadendo, e per la stupida violenza che fa colpire ad ogni occasione la prigioniera con pugni in faccia da parte del suo cacciatore, trasformandola in una maschera di sangue. Ci si domanda come abbia fatto la giuria degli Oscar a nominare Jennifer Jason Leigh come migliore attrice non protagonista per una parte che, tranne che nel sanguinario finale, la vede parlare pochissimo! 

Una citazione (negativa) a parte la merita la scena della porta della locanda: ogni volta che qualcuno entra deve essere inchiodata perche' manca il chiavistello: per quattro volte i protagonisti, che vanno e vengono dopo essere stati fuori per motivi vari, ripetono la stessa stupida scena: prendono due stecche di legno e, con fatica, le inchiodano sulla porta. La prima volta si capisce, la seconda si sopporta, la terza e la quarta non fa nemmeno ridere.... 

Veniamo alla scelta del regista di usare il 70mm. A parte la considerazione fatta all'inizio di questa recensione, occorre ricordare che il 70mm e' un formato fatto apposta per proiettare il film in formato IMAX, uno standard che prevede di proiettarlo su schermi che hanno una dimensione di 22 metri di lunghezza per 16 metri di altezza, mediante proiettori particolari brevettati IMAX.

A Roma, purtroppo, non ci sono sale attrezzate con l'IMAX e quindi la proiezione viene fatta su uno schermo che e' alto solo la meta' di quello richiesto dall'IMAX, con il risultato che il quadro e' eccessivamente "allungato" rispetto all'altezza e certe volte si perdono dettagli ai lati. 

Dispiace che anche la musica del Maestro Ennio Morricone non riesca a salvare il film: nella colonna sonora manca  un tema che caratterizzi il film, quella melodia che ancora oggi ci fa sognare quando pensiamo a Mission ed al suo Gabriel's Oboe, a C'era una volta il West, a Giu' la testa, a L'estasi dell'Oro ed a tutti gli altri suoi capolavori. Il Maestro si e' limitato a comporre la musica di atmosfera che accompagna la diligenza verso la locanda ed i punti importanti dell'azione, bella ma, a nostro parere, ben lontana dalle altre sue composizioni da film. 

In conclusione, un ottavo film deludente che non puo' essere nemmeno paragonato ad altri capolavori dello stesso regista. 

 
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Zootropolis
(di L’Irriverente)
 

Il mondo è abitato da animali che vivono in armonia senza più distinzione tra prede e predatori. La coniglietta Judy sogna sin da piccola di diventare un'agente di polizia e di trasferirsi a Zootropolis, una grande e moderna città abitata da ogni specie animale. Con impegno e tenacia raggiungerà il suo scopo e sebbene la sua carriera inizierà come ausiliare del traffico, si troverà ben presto coinvolta nelle indagini su delle misteriose sparizioni di animali...

Un rocambolesco e divertente giallo che affronta tematiche importanti attraverso gli occhi e la determinazione dei suoi personaggi. E a sottolineare l'ostinazione della protagonista c'è anche la bellissima canzone scritta e cantata appositamente da Shakira, "Try everything". Una Disney in piena contaminazione Pixar con la supervisione di John Lasseter e il ricco team di Frozen.

 
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Steve Jobs
(di Technino)
 

Il film, diretto da Danny Boyle e scritto da Aaron Sorkin, non e' una biografia, ha un solo scopo: alimentare la leggenda di Steve Jobs. E i due cineasti decidono di farlo proprio accentuandone le contraddizioni, senza mai sorvolare sugli aspetti più aspri e difficili del suo carattere come la presunzione o la mania del controllo, caratteristiche tipiche di molti geni, ma al tempo stesso lasciando venir fuori anche le insicurezze e le vulnerabilità di un uomo che, nonostante tutto, si sente continuamente incompreso. 

Regista e sceneggiatore riescono nell'impresa quasi impossibile di riuscire a condensare in un unico film tutta l'essenza di una carriera incredibile ma vera e di una filosofia certamente discutibile ma dall'indubbio e crescente successo. Il film sarà forse un insuccesso al botteghino e non e' riuscito a convincere l'Academy per ottenere Nominations diverse da quella per migliore attore protagonista (Michael Fassbender) e migliore attrice non protagonista (Kate Winslet), ma crediamo che, proprio come alcuni prodotti della Apple, rimarrà memorabile nel tempo e simbolo di una vera e propria epoca. 

Il film racconta tre periodi successivi della vita di Jobs, riferiti alla presentazione di tre suoi computers: il Macintosh, il Next e del primo iMac nel 1998. 

Sorkin in questo film mette al centro un unico grande protagonista e lo circonda di persone che gli ruotano attorno desiderose di parlargli, di relazionarsi con lui anche in maniera conflittuale; ma, concentrandosi solo su momenti chiave della sua vita e della sua carriera, riesce ad allontanarsi quanto più possibile dalla realtà e abbracciarne così la versione romanzata, romantica ed idealista.

Lo sceneggiatore, per ciascuna delle tre presentazioni, si concentra sui classici caotici e vitali 30 minuti prima di un qualsiasi evento importante, per farci cosi vedere non tanto la storia di Jobs, ma la sua personalissima visione del mondo, del genio e dell'arte.

Il risultato è straordinario anche se potrebbe essere esposto agli attacchi dei biografi, ma e' un film ed il compito di un film e' anzitutto far emozionare: ed in questo, fin dalla primissima scena, si è talmente coinvolti e risucchiati in un vortice contraddittorio di cattiverie e buoni sentimenti, vendette e riconciliazioni, litigi furiosi e happy ending, che diventa impossibile curarsi della veridicità degli avvenimenti o se il ritratto nel suo complesso sia più buonista che critico. Quello che conta è l'emozione che riesce a generare nello spettatore con un personaggio da cui non vorremmo separarci mai.

Alla forza del film contribuisce l'attenta regia di Boyle, che con un montaggio perfetto fa si' che le sequenze che utilizzano brevi flashback non risultino mai forzate, ma perfettamente integrate in una struttura che sembra piu' da opera teatrale che cinematografica. Intelligente la scelta di utilizzare tre diversi formati (16 mm, 35 mm e digitale) per le tre diverse linee temporali, perche' riesce a rappresentare al meglio l'evoluzione tecnologica che il film mette in scena.

Parlando degli attori, il film si giova di interpretazioni memorabili, tra cui ricordiamo quella di Michael Fassbender, candidato all'Oscar per migliore attore protagonista, e di Kate Winslet, candidata come migliore attrice non protagonista.

In conclusione, il film e' bellissimo e ci lascia la certezza che il mito di Steve Jobs e' destinato a rimanere immortale. 

 
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La grande scommessa
(di Technino)
 

La Grande Scommessa (The Big Short) di Adam McKay racconta le vicende di tre gruppi di persone che, venuti a conoscenza dell’instabilità del mercato immobiliare americano, si operano per trarne grandi profitti scommettendo al ribasso contro il mercato stesso. Una materia non semplice, quella raccontata nel film: terminologia economica, bancaria, borse, Wall Street, Standars & Poors, insomma un calderone di concetti di difficile comprensione da parte dello spettatore medio. 

Il film ha pero' il pregio di essere ben sviluppato e di cercare di rendere comprensibile una materia difficile, e racconta una storia vera: Michael Burry (Christian Bale), manager di un hedge fund (un fondo speculativo) scopre l’estrema instabilità del mercato immobiliare statunitense e decide, contro la volontà dei suoi stessi investitori, di scommettere sul collasso del mercato immobiliare; le banche visitate da Burry, che invece credono ciecamente nella sicurezza del mercato, accettano la sua proposta. 

Nello stesso momento, l’investitore Jared Vennett (Ryan Gosling), sente dell’operato di Burry da uno dei banchieri coinvolti e, rendendosi conto della veridicità delle previsioni, decide di entrare nel gioco. Una telefonata erronea mette però in allerta l’operatore finanziario Mark Baum, (Steve Carell), che si fa convincere ad unirsi a Vennett, dopo aver verificato che le sue informazioni  avevano basi solide. 

Come un domino, due giovani investitori Charlie Geller (John Magaro) e Jamie Shipley (Finn Wittrock) scoprono il piano Vennett e decidono anch’essi di partecipare alla rischiosa operazione finanziaria fiutandone il successo. Essendo però inesperti nel campo, decidono di chiedere aiuto al banchiere in pensione Ben Rickert (Brad Pitt). I tre si recando all’American Securities Forum, una convention per addetti ai lavori, dove riescono a fare affari con successo. 

La Grande Scommessa si presenta con cinque candidature all’Oscar (miglior film, migliore regia, migliore soggetto non originale, miglior montaggio e migliore attore non protagonista (Christian Bale), documentando una vicenda vera con l'ottimo montaggio di Hank Corwin, che risulta estremamente curato e movimentato tanto da non essere di peso allo spettatore che non e' infastidito dalla lunghezza del film (140 min).

Il montaggio si lega perfettamente alla sceneggiatura, scritta da Adam McKay e Charles Randolph e  tratta dal romanzo di Michael Lewis "The Big Short", che, quando occorre, utilizza un narratore per spiegare quello che si nasconde dietro certi termini finanziari utilizzati dalle banche.

ll cast, infine, è di altissimo livello: grandi attori come Steve Carell, Christian Bale, Ryan Gosling e Brad Pitt, si uniscono a giovani attori di notevoli potenzialita' rendendo il film molto godibile.

 
 
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Revenant - Redivivo
(di Technino)
 

Dopo Birdman, vincitore dell'Oscar dell'anno scorso, Alejandro Gonzalez Inarritu ci propone un film diametralmente opposto al precedente per atmosfere e contenuti. I fari non sono più puntati sulla modernità e sulle sue nevrosi, ma sul gelido e inospitale Nord Dakota della prima metà dell’800, teatro dell’odissea di un gruppo di cacciatori di pellicce, alle prese con condizioni climatiche e ambientali estreme, con una natura selvaggia e con gli ostili indiani Arikara.

Guida della spedizione è il leggendario trapper statunitense Hugh Glass, realmente esistito, le cui memorabili imprese sono state narrate in The Revenant, libro di Michael Punke su cui è basato il film.

A prestare volto, corpo e anima a questo personaggio è uno straordinario Leonardo DiCaprio, che supera se stesso con un’interpretazione sofferta e toccante, che l’ha portato a vivere in prima persona molti dei disagi provati da Hugh Glass, grazie alla quale molto probabilmente riceverà il suo primo tanto agognato Oscar, bissando così il successo ottenuto pochi giorni fa ai Golden Globe.

I membri di una spedizione in un territorio inesplorato del Nord Dakota, in cerca di pellicce, vengono decimati dall’attacco di una tribù di indiani Arikara. Fra i superstiti ci sono il Capitano Andrew Henry (Domhnall Gleeson), lo spietato John Fitzgerald (Tom Hardy), il giovane Jim Bridger (Will Poulter) e soprattutto la guida Hugh Glass (Leonardo DiCaprio), uomo di poche parole ma dalla profonda conoscenza del territorio, che si trova sul posto insieme al figlio Hawk, avuto da una nativa indiana uccisa durante un attacco al villaggio in cui vivevano.

Mentre esplora da solo la foresta in cui il gruppo dei superstiti si deve addentrare, Glass viene attaccato da un gigantesco Grizzly: riesce miracolosamente a sopravvivere, ma con gravissime e profonde ferite su tutto il corpo, che lo rendono incapace di muoversi. Hugh Glass diventa cosi' un problema per i suoi compagni perché rallenta tutta la spedizione. Alcuni uomini, fra cui John Fitzgerald, spingono per porre fine alle sofferenze di Glass, ritenendolo ormai spacciato. Ma la determinazione, lo spirito di sopravvivenza e la voglia di vendetta di Hugh Glass lo sproneranno a sopravvivere a questa sua personale odissea in un ambiente terribilmente proibitivo. 

 

Revenant – Redivivo è prima di tutto una titanica impresa cinematografica, che ha richiesto uno sforzo produttivo immane, che ha allungato in corso d’opera sia i tempi delle riprese (arrivati alla fine a circa 9 mesi) sia di conseguenza il budget del film che, a fronte di una stima iniziale di circa 60 milioni di dollari, ha raggiunto alla fine quota 135 milioni.

 

Questo impressionante impegno umano ed economico non è però stato vano. La prima cosa che salta agli occhi è la fotografia di Emmanuel Lubezki, che ha ottime probabilità di portarsi a casa il terzo Oscar consecutivo per la categoria. Il suo lavoro è stato realizzato utilizzando solamente la luce naturale, evitando gli artifici tecnologici successivi all’epoca in cui è ambientata la storia e donando così grande realismo al film. 

 

Il regista sfrutta alla perfezione il lavoro di Lubezki, completandolo con alcuni virtuosismi che ne confermano le eccellenti doti tecniche: a differenza del precedente Birdman, girato in modo da dare la sensazione di assistere a un unico piano sequenza, stavolta i piani sequenza sono diversi, ma di un’efficacia altrettanto potente.

Almeno due le scene da antologia: l’impressionante attacco da parte degli indiani Arikara alla spedizione dei cacciatori di pellicce, fra i più violenti e realistici mai visti su schermo, e l’altrettanto dura scena della lotta fra Hugh Glass ed il Grizzly, in cui riusciamo quasi a percepire la voglia di sopravvivenza e il dolore fisico del personaggio per le terribili ferite che gli vengono inferte. 

 

Per quanto riguarda Leonardo DiCaprio, è stato di una bravura straordinaria, in questo film ha centrato forse la migliore interpretazione della carriera nonche' la piu' impegnativa dal punto di vista fisico: si è infatti prestato personalmente, senza l’ausilio di controfigure, a girare alcune sequenze estreme come quella in cui rimane sepolto nella neve o quella in cui salta in un lago ghiacciato. Un’immedesimazione nel personaggio pressoché totale, che traspare in ogni scena in cui è presente DiCaprio, che riesce con il solo sguardo a raccontare ed a far vivere i diversi stati d’animo del protagonista, che passa dal dolore alla collera, dalla voglia di vendetta alla speranza.

 

Sarebbe però ingiusto non spendere due parole anche per Tom Hardy, perfetto "cattivo" e contraltare di Leonardo DiCaprio, che si e' giustamente meritato la Nomination all'Oscar come migliore attore non protagonista. Completano il film una colonna sonora emozionante, e trucchi, costumi e scenografie realizzati magistralmente, fondamentali per garantire alla pellicola un incredibile realismo. 

Occorre tener presente che Revenant – Redivivo è un film durissimo e non adatto a tutti, sia per una violenza insistita e potenzialmente fastidiosa per le persone piu' sensibili, sia per un incedere lento, fatto di lunghe sequenze con dialoghi ridotti all’osso.

Chi avrà pero' la forza di guardare oltre, si troverà davanti a un capolavoro in cui la vera protagonista è una natura selvaggia, opprimente e inospitale, che rende difficile, se non impossibile, la vita ai propri figli. Una natura severa, spietata e avara, all’interno del quale si consuma una storia semplice ma che colpisce il cuore dello spettatore, basata su due degli istinti più puri e ancestrali dell’uomo: la voglia di sopravvivenza e la sete di vendetta.

Più che un film, e' una vera e propria esperienza visiva e sensoriale, che vi trasmettera' un’emozione indimenticabile dall'inizio alla fine. 

 
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Il ponte delle spie
(di Technino)
 

In questo suo film Spielberg va alla riscoperta di un eroe normale, James Donovan, interpretato da Tom Hanks. Avvocato idealista, nel 1962 Donovan negoziò per la Cia il primo scambio di prigionieri sul ponte di Glienicke in Germania, fra Usa e Urss.

Nell'America spaventata dal "pericolo rosso" di fine anni '50, dove si insegnava ai bambini come prima protezione dalla bomba atomica la tecnica di "buttarsi a terra e coprirsi la testa con le mani", l'Fbi cattura la spia russa Rudolf Abel (Mark Rylance).

L'agente sovietico, nella sua calma stoica, rifiuta di collaborare e viene rinchiuso in un carcere federale in attesa di processo. Per trovare un avvocato indipendente che assuma la difesa di Abel e dimostrare la correttezza del sistema giudiziario americano, il governo si rivolge a James Donovan (Tom Hanks), legale assicurativo di Brooklyn con poca esperienza in casi così importanti ma abilissimo come negoziatore. 

Ben sapendo di andar incontro all'impopolarità della gente e di danneggiare così anche la sua famiglia, Donovan non allontana le responsabilità e accetta il caso. Instaurerà un rapporto di stima reciproca con Abel e, sfidando il clima forcaiolo, si batterà contro tutti per i suoi diritti. La sua abilità lo porterà a essere reclutato dalla Cia per negoziare lo scambio di Abel con un prigioniero statunitense nelle mani dei sovietici, il pilota Francis Gary Powers (Austin Stowell), abbattuto in volo sulla Russia mentre scattava foto sul segretissimo aereo spia U-2

Nella Berlino Est fredda e austera, in cui le autorita' filosovietiche iniziavano la costruzione del Muro in un clima di sgomento, Donovan, chiuso nel suo cappotto e nella sua solidità morale, cercherà di ottenere il massimo. Non per la Cia, ma per il suo senso di giustizia. Andando al di là e contro le direttive della Cia stessa. 

Nato nel 1916 e morto nel 1970, Donovan incarna gli ideali americani di giustizia e liberta', quei valori democratici che sono diventati cardine degli Stati Uniti, come anche dell'Europa di oggi, e che diventano ancor più significativi nel complicato momento contemporaneo.
"James Donovan era una persona che faceva valere i propri valori, che intendeva garantire la giustizia a tutti, a prescindere da quale fosse il lato della Cortina di Ferro a cui appartenevano", dice Spielberg. "Il suo unico interesse era rispettare la legge". 

Il ponte delle spie ci ricorda che se vogliamo continuare a sentirci fieri di quello che siamo, dobbiamo non farci annebbiare la vista dal terrore e continuare a tenere saldi i nostri valori più profondi. Tom Hanks fa brillare Donovan in fermezza, integrità morale e scaltrezza. Lo fa però con tutta la naturalezza dell'uomo comune, senza atteggiamenti da supereroe, con tutte le preoccupazioni del padre di famiglia e del privato cittadino senza scorte al seguito.

Donovan, qualche mese dopo i fatti di Berlino, fu protagonista di un'altra impresa: mandato da Kennedy a negoziare la liberazione di oltre 1100 prigionieri a Cuba, catturati dopo la fallita invasione della Baia dei Porci, riuscì a far tornare a casa più di 900 persone. 

La sceneggiatura del film e' firmata da Ethan e Joel Coen, insieme a Matt Charman. Per i fratelli Coen si tratta della prima collaborazione con Spielberg. Tra le loro fonti per la scrittura il libro di Donovan del 1964, "Strangers on a Bridge". 

Da segnalare, dopo l'interpretazione di Tom Hanks, quella di altissimo livello di Mark Rylance che dà al suo Abel un costante stato di diffidenza, tranquillità serafica, imperscrutabile intelligenza. La sua interpretazione gli e' valsa una Nomination all'Oscar 2016. Il ponte delle spie ha ottenuto altre 5 Nomination: miglior film, migliore sceneggiatura originale, migliore colonna sonora, migliore scenografia, miglior mixaggio sonoro.

 
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Star Wars - Il risveglio della Forza
(di Technino)
 

"Tanto tempo fa in una galassia lontana lontana...." C'era una volta, c'è ancora oggi e - sicuramente - ci sarà ancora! Torna, infatti, sul grande schermo la saga cinematografica per eccellenza con il nuovo capitolo: Star Wars - Il Risveglio della Forza. Settimo film di una saga che sembra - fortunatamente per noi - non voler trovare conclusione. 136 minuti di puro divertimento, epiche battaglie e personaggi fantastici, questo è Star Wars Episodio VII, grandioso Risveglio della Forza.

Sono passati oltre 30 anni dalla vittoria dei ribelli sull‘Impero, periodo in cui la galassia  non sembra aver trovato pace: il Lato Oscuro infatti ha un nuovo esercito, Il Primo Ordine, che vede al suo comando Kylo Ren. Ad opporsi a lui la Resistenza guidata dal Comandante Leila Organa, i ribelli sono alla ricerca dell’ultimo maestro Jedi: Luke Skywalker, fratello di Leila scomparso da diversi anni. Ma la Forza stessa ha vie misteriose: il giovane Finn, delle truppe d'assalto al servizio di Ren, decide di ribellarsi e salvare il pilota Poe Dameron che ha trovato una mappa che potrebbe condurre a Luke. La mappa viene affidata al piccolo droide BB-8, che incontra la giovane Rey, una cacciatrice di rifiuti tecnologici, che rivende per ottenere cibo..... 

Un tuffo nel passato che strizza l’occhio al moderno, è questo il gioiello che il regista J.J Abrams è riuscito a confezionare con il suo Star Wars – Il Risveglio della Forza, una pellicola epica ricca di citazioni e di momenti nostalgici che non sfuggiranno ai fan della saga più famosa di tutti i tempi. Un occhio al passato, ma al tempo stesso un nuovo corso che siamo certi metterà d’accordo i nuovi fans con quelli di vecchia data. Il risveglio della Forza è un film imperdibile che trascina lo spettatore tra viaggi interstellari, battaglie epiche e pianeti affascinanti, tutto merito di una trama lineare e ben scritta, in cui passato e presente si incrociano senza mai pestarsi i piedi, procedendo in armonia fino a creare un intreccio perfetto.

Il film ha un ritmo mozzafiato, con scene di una spettacolarita' straordinaria. Ottimo il 3D, non invasivo e funzionale all’intera pellicola, che è il degno sequel di un mito della cinematografia e che segna l’inizio di “una nuova speranza” che, siamo certi, non deluderà nessuno. 

Ma oltre alla trama e agli effetti visivi, Il Risveglio della Forza ha dalla sua un cast e dei personaggi che affascinano e rendono il film, già spettacolare, ancora piu' bello. Partiamo dai nuovi personaggi: Rey, interpretata dalla giovane Daisy Ridley, e' un'eroina che con la sua forza ed il suo bellissimo sguardo riesce subito a catturare lo spettatore; Finn, interpretato da John Boyega, è un ex seguace del Primo Ordine che rifiuta la crudeltà dell’esercito, e proprio la sua umanità lo porterà ad aiutare Rey; dall’altro lato troviamo Kylo Ren, discepolo del Lato Oscuro e villain di questa nuova trilogia, ma il personaggio, interpretato da Adam Driver, perde di fascino man mano che andiamo avanti con la storia, cerca di essere un nuovo Darth Vader ma manca del carisma del suo precedessore, un personaggio non più presente nella saga ma che schiaccia con il suo ricordo il giovane Kylo. 

Applausi per il “vecchio” cast che vede Mark Hamill e Carrie Fisher tornare nei ruoli di Luke e Leila Skywalker, menzione a parte va fatta per Harrison Ford che veste a oltre 30 anni di distanza il ruolo di Han Solo, un personaggio che l’attore indossa come un guanto facendolo brillare più di qualunque stella, un gradito ritorno che riempie lo schermo e affascina come nel primo film della saga. 

 

il regista J.J. Abrams ha compiuto un lavoro straordinario, utilizzando un mix di computer graphic e modelli di astronavi costruiti in scala come nel primo film di Lucas, e realizzando un montaggio da Oscar. Il nuovo film e' pervaso da un'atmosfera nostalgica rivolta ai fan di vecchia data della saga; nel film compare anche un nuovo simpaticissimo droide, BB-8, che diviene compagno inseparabile di Ray.

 

Abrams e la Disney hanno capito esattamente cosa serviva alla saga e hanno creato un film che ricordasse ai quarantenni di oggi la meraviglia e l'entusiasmo provati con la Trilogia originale, creando un'emozione capace di proseguire l'eredità di Lucas trasmettendola alle nuove generazioni, ricordando l'anima giocosa e un po' ingenua dell'originale.

A chiunque altro cerchi il pelo nell'uovo, vedi coerenza nella trama e tutto l'armamentario critico tipico di chi ancora non ha compreso cosa sia il puro intrattenimento e un rapportarsi con il fantastico senza eguali, diciamo solo che ha scelto il film sbagliato poiché il nuovo Star Wars è orgogliosa materia prima creata per i fan da chi si sente orgogliosamente fan da una vita. L'approccio di Abrams è ciò che ogni patito di Star Wars avrebbe voluto vedere dopo la Trilogia originale e che speriamo sia l'apripista di una terza trilogia che riporti il lavoro originale di Lucas ai fasti di un tempo.

Per il momento l'unica certezza è che questa prima tappa nell'amata galassia lontana lontana ce la siamo goduta appieno, e che il film ha l'indubbio pregio, in tempi cupi come quelli in cui viviamo, di trasmettere un'emozione straordinaria. Ed e' per questo che, quando sono comparsi i mitici titoli di testa in prospettiva con la musica di John Williams, ci siamo commossi....     

 
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Heart of the Sea - Le origini di Moby Dick
(di Technino)
 

Siamo nel 1819. Nell'isola di Nantucket, di fronte al Massachusets, salpa la baleniera "Essex", comandata dal capitano Polard (Benjamin Walker), con primo ufficiale Mr. Chase (Chris Hemsworth), uomo di grande esperienza sulle baleniere, spesso in contrasto con il capitano, che era stato messo al comando soprattutto per la potenza della sua famiglia. 

Durante la caccia alle balene, dopo un anno trascorso in mare, la nave viene attaccata da un capodoglio gigantesco, lungo 30 metri e con grosse strisce bianche sul dorso dovute al colore dei micro organismi attaccati alla sua pelle. La nave non resiste all'attacco e fa naufragio. Dopo mesi di navigazione sulle scialuppe, si salveranno pochissimi membri dell'equipaggio, tra cui un ragazzo imbarcatosi a 14 anni, Thomas Nickerson (Brendan Gleeson). Costui, trent'anni dopo e con un'iniziale riluttanza, accetta di raccontare l'esperienza vissuta allo scrittore Herman Melville. Sta per nascere uno dei capolavori della letteratura di tutti i tempi: "Moby Dick".

Il regista Ron Howard, come la stragrande maggioranza dei lettori del romanzo, non sapeva che alla base del lavoro di Melville ci fosse una storia realmente accaduta, che lo scrittore Nathaniel Philbrick, autore del soggetto del film, aveva indagato nel libro "Il cuore dell'Oceano - Il naufragio della baleniera Essex". Il regista e' stato subito affascinato dal libro di Philbrick e ne ha fatto un film bellissimo, avvincente come pochi.  

Costruito con un apparato tecnico maestoso fatto di incredibili effetti speciali, il film non si ferma solamente alla fantasticheria e al crudo stupore scenico ma va anche oltre. La  grafica del computer fa miracoli e le riprese durate due anni sono impressionanti, ma il film e' incentrato soprattutto sul tema della sopravvivenza, sulla lotta che l'uomo deve fare contro gli elementi ostili, dall'oceano in tempesta all'incredibile capodoglio gigante che attacca prima la nave e poi le scialuppe, con la furia di un angelo vendicatore. 

Il film si giova di un ottimo 3D (che non e' pero' essenziale per poter godere appieno dell'opera), e di un ottimo cast, tra cui ricordiamo un formidabile Chris Hemsworth, qui alla sua migliore interpretazione, Brendan Gleeson che da' il suo volto drammatico al superstite che racconta la storia, e Benjamin Walker, un comandante che, dietro certi atteggiamenti di superbia che lo portano a decisioni sbagliate, nasconde una sensibilita' umana ed una correttezza che verranno fuori durante il terribile viaggio dei naufraghi. 

In conclusione, Heart of the Sea e', insieme a Master & Commander di Peter Weir, uno dei film piu' belli che siano stati fatti sugli uomini in mare, da vedere sul grande schermo per poter apprezzare in pieno la spettacolarita' delle scene e delle riprese subacquee.

 
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